“L’obbligo per i Consiglieri e Assessori della Regione Molise, di
sottoporsi a test antidroga casuali e periodici, è l’oggetto di una mia
proposta di legge regionale appena presentata e ampiamente condivisa dai
colleghi di Palazzo D’Aimmo. Un significativo passo in avanti sulla
strada della trasparenza e della legalità che tutti dobbiamo seguire nel
delicato rapporto tra politica e cittadino. Per questo ritengo che i
drug test rappresentano un impegno serio da parte di chi ha sulle spalle
la responsabilità di assumere decisioni nell’interesse generale della
collettività. Hanno sottoscritto la mia proposta di legge, e di questo
ringrazio i miei colleghi, Paola Matteo (Orgoglio Molise), Gianluca
Cefaratti (Orgoglio Molise), Quintino Pallante (Fratelli d’Italia),
Eleonora Scuncio (Iorio per il Molise), Armandino D’Egidio (Forza
Italia), Nico Romagnuolo (Forza Italia), Aida Romagnuolo (Lega Salvini),
Filomena Calenda (Lega Salvini), Antonio Tedeschi (Popolari per
l’Italia) e Salvatore Micone (Udc Molise)”.
Tutte le news sull'attività politica e sociale del consigliere della Regione Molise Massimiliano Scarabeo.
giovedì 30 agosto 2018
mercoledì 29 agosto 2018
Test antidroga per Consiglieri e Assessori regionali. I tempi sono maturi per una normativa anche a livello nazionale
Nella passata legislatura il Consiglio Regionale non ha ritenuto di
sostenere la mia iniziativa di rendere obbligatori i test antidroga per
chi ricopre un ruolo politico- istituzionale come i Consiglieri e gli
Assessori regionali. Oggi, come ieri, resto convinto della bontà di
quella proposta, dato che il tema delle politiche antidroga nelle
pubbliche amministrazioni è un argomento piuttosto scottante, perciò,
sottoporsi a controlli per dimostrare di essere in grado di svolgere il
proprio ruolo, non è un grande sacrificio per un politico che non ha
nulla da nascondere. E’ per questo che ho inteso ripresentare una nuova
proposta di legge regionale che obblighi tutti gli Assessori e
Consiglieri della Regione Molise a test antidroga casuali e periodici.
Una proposta che auspico venga portata in Aula il prima possibile e che,
spero, trovi adesione da parte della maggioranza di Palazzo D’Aimmo,
per dare il giusto riscontro ai principi di trasparenza e legalità che
tanto vengono sbandierati. Ma si potrebbe aprire la strada per una
normativa in tal senso ancora più ampia, tanto da dare un segnale forte
perché i tempi siano maturi anche per una legge ad hoc, a livello
nazionale. Detta proposta di legge è composta da quattro articoli che,
in sostanza, fissano le finalità e gli obiettivi della legge, tesa a
garantire ai cittadini che i propri amministratori esercitano il proprio
mandato nel pieno delle loro facoltà mentali; le conseguenze di un
eventuale esito positivo al test con la decadenza immediata dalla carica
e le norme finanziarie, a costo zero per le casse Regionali.
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lunedì 6 agosto 2018
La Lega vuole riabilitare le Province: «Bisogna ridare il voto ai cittadini». Condivido!
La Lega vuole riabilitare le Province: «Bisogna ridare il voto ai cittadini»
di Lorenzo Salvia (Corriere dells Sera)
Un disegno di legge presentato al Senato, firmato anche da Matteo
Salvini. «Bisogna ripristinare la legalità costituzionale». Oggi votano
solo i sindaci del territorio, un sistema provvisorio tenuto in piedi
dalla bocciatura del referendum del 2016
Dal sovranismo alla sovranità popolare. La Lega studia il ritorno del
voto diretto per le Province, rimaste sospese tra la riforma che le
doveva abolire e la bocciatura del referendum del 2016, che ha finito
per rimetterle in piedi, anche se zoppicanti. La linea del Carroccio è
riassunta in un disegno di legge presentato al Senato, terzo firmatario
l’attuale ministro dell’Interno Matteo Salvini, in compagnia di un altro
ministro, Gian Marco Centinaio, responsabile dell’Agricoltura.
L’obiettivo del provvedimento, si legge nella relazione, è
«ripristinare la legalità costituzionale attraverso l’elezione diretta a
suffragio universale del presidente e dei consiglieri della Provincia».
Tutto come prima, dunque. È vero che il disegno di legge è stato
presentato prima della formazione del nuovo governo e che la questione
non viene affrontata nel contratto firmato con il Movimento 5 Stelle. Ma
è anche vero che il sistema per eleggere i presidenti delle Province è
un compromesso superato dagli eventi, un groviglio con tanti nodi da
sciogliere.
La legge oggi in vigore stabilisce che a votare non siano i cittadini
ma i sindaci del territorio, che sono anche gli unici a potersi
candidare. Un meccanismo di «secondo livello» che nelle intenzioni della
riforma voluta nel 2014 dal governo Renzi doveva accompagnare le
Province fino alla scomparsa prevista dalla riforma costituzionale. Un
sistema temporaneo, che però ha confermato ancora una volta come in
Italia nulla sia stabile fuorché il provvisorio. E che ha richiesto
qualche correttivo anche nell’ultimo decreto legge Milleproroghe,
approvato dal governo Conte e adesso all’esame del Parlamento. Qual è il
problema?
Per potersi candidare alla presidenza della Provincia, in base alla
legge attuale, i sindaci devono avere almeno 18 mesi di mandato davanti a
loro. Una regola che di fatto tagliava fuori un terzo dei sindaci
coinvolti nelle elezioni provinciali in programma nei prossimi mesi.
Circa 1.300 su 3.400. Nel Milleproroghe la durata residua del mandato
necessaria per la candidatura è scesa da 18 a 12 mesi, mentre le
prossime elezioni provinciali sono state accorpate fra loro e anticipate
al 31 ottobre. Il plotone dei sindaci incandidabili è stato ridotto. Ma
è solo una toppa. Resta il problema di un sistema elettorale
complicato. E anche poco logico, forse proprio perché pensato come
temporaneo: il mandato del presidente, per dire, dura quattro anni;
quello del consiglio provinciale, eletto dai consiglieri comunali, solo
due. Una specie di mid term provinciale di cui potremmo fare a meno. Un
intervento serve. Ma come?
Oggi gli incarichi di presidente e consiglieri provinciali sono a
titolo gratuito. La proposta della Lega affronta anche il capitolo
indennità. Lo «stipendio» del presidente non potrebbe superare quello
del sindaco del capoluogo di provincia. Mentre i consiglieri avrebbero
un gettone per le sedute di consiglio e commissioni, con un tetto pari a
un sesto dello stipendio del presidente. Il ritorno dell’indennità
sarebbe giustificato dal fatto che le Province, progressivamente
svuotate di fondi e funzioni, recupererebbero una serie di competenze.
Resta da vedere cosa ne pensano gli alleati di governo, così sensibili
ai costi della politica. Sul tema il Movimento 5 Stelle finora non si è
pronunciato. Pochi giorni fa Beppe Grillo parlava di «estrazione a sorte
dei parlamentari». Le Province non contano quanto la Camera o il
Senato. Ma forse, voto popolare oppure no, è arrivato il momento di
decidere cosa debbano fare da grandi.
domenica 5 agosto 2018
Il M5S vuole bloccare la TAV e il gasdotto TAP.
Il M5S vuole bloccare la TAV e il gasdotto TAP. Tanto a che servono
SVILUPPO, ENERGIA e LAVORO, ci daranno a tutti il reddito di
cittadinanza senza fare nulla?
mercoledì 1 agosto 2018
Il Consiglio Regionale del Molise di ieri si e’ svolto all’insegna dell’incoerenza
L’incoerenza di un’opposizione che punta il dito sull’avversario
politico, ma non applica lo stesso metro di misura su se’ stesso.
L’incoerenza di un’opposizione che urla ai quattro venti di avere come
unico obiettivo il bene della collettivita’, ma poi gestisce fondi
pubblici nel proprio piccolo orticello familiare. L’incoerenza di
un’opposizione che non ammette il contraddittorio pacato e costruttivo,
salvo poi nascondersi dietro blog e scritti anonimi per attaccare e
screditare i propri avversari politici. L’unica coerenza
dell’opposizione, oggi, la si e’ vista nei tanti congiuntivi sbagliati.
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