giovedì 30 agosto 2018

Test antidroga per Consiglieri e Assessori regionali. La proposta di legge regionale è stata presentata.




“L’obbligo per i Consiglieri e Assessori della Regione Molise, di sottoporsi a test antidroga casuali e periodici, è l’oggetto di una mia proposta di legge regionale appena presentata e ampiamente condivisa dai colleghi di Palazzo D’Aimmo. Un significativo passo in avanti sulla strada della trasparenza e della legalità che tutti dobbiamo seguire nel delicato rapporto tra politica e cittadino. Per questo ritengo che i drug test rappresentano un impegno serio da parte di chi ha sulle spalle la responsabilità di assumere decisioni nell’interesse generale della collettività. Hanno sottoscritto la mia proposta di legge, e di questo ringrazio i miei colleghi, Paola Matteo (Orgoglio Molise), Gianluca Cefaratti (Orgoglio Molise), Quintino Pallante (Fratelli d’Italia), Eleonora Scuncio (Iorio per il Molise), Armandino D’Egidio (Forza Italia), Nico Romagnuolo (Forza Italia), Aida Romagnuolo (Lega Salvini), Filomena Calenda (Lega Salvini), Antonio Tedeschi (Popolari per l’Italia) e Salvatore Micone (Udc Molise)”.



mercoledì 29 agosto 2018

Test antidroga per Consiglieri e Assessori regionali. I tempi sono maturi per una normativa anche a livello nazionale




Nella passata legislatura il Consiglio Regionale non ha ritenuto di sostenere la mia iniziativa di rendere obbligatori i test antidroga per chi ricopre un ruolo politico- istituzionale come i Consiglieri e gli Assessori regionali. Oggi, come ieri, resto convinto della bontà di quella proposta, dato che il tema delle politiche antidroga nelle pubbliche amministrazioni è un argomento piuttosto scottante, perciò, sottoporsi a controlli per dimostrare di essere in grado di svolgere il proprio ruolo, non è un grande sacrificio per un politico che non ha nulla da nascondere. E’ per questo che ho inteso ripresentare una nuova proposta di legge regionale che obblighi tutti gli Assessori e Consiglieri della Regione Molise a test antidroga casuali e periodici. Una proposta che auspico venga portata in Aula il prima possibile e che, spero, trovi adesione da parte della maggioranza di Palazzo D’Aimmo, per dare il giusto riscontro ai principi di trasparenza e legalità che tanto vengono sbandierati. Ma si potrebbe aprire la strada per una normativa in tal senso ancora più ampia, tanto da dare un segnale forte perché i tempi siano maturi anche per una legge ad hoc, a livello nazionale. Detta proposta di legge è composta da quattro articoli che, in sostanza, fissano le finalità e gli obiettivi della legge, tesa a garantire ai cittadini che i propri amministratori esercitano il proprio mandato nel pieno delle loro facoltà mentali; le conseguenze di un eventuale esito positivo al test con la decadenza immediata dalla carica e le norme finanziarie, a costo zero per le casse Regionali.

lunedì 6 agosto 2018

La Lega vuole riabilitare le Province: «Bisogna ridare il voto ai cittadini». Condivido!





La Lega vuole riabilitare le Province: «Bisogna ridare il voto ai cittadini»

di Lorenzo Salvia (Corriere dells Sera)

 Un disegno di legge presentato al Senato, firmato anche da Matteo Salvini. «Bisogna ripristinare la legalità costituzionale». Oggi votano solo i sindaci del territorio, un sistema provvisorio tenuto in piedi dalla bocciatura del referendum del 2016
Dal sovranismo alla sovranità popolare. La Lega studia il ritorno del voto diretto per le Province, rimaste sospese tra la riforma che le doveva abolire e la bocciatura del referendum del 2016, che ha finito per rimetterle in piedi, anche se zoppicanti. La linea del Carroccio è riassunta in un disegno di legge presentato al Senato, terzo firmatario l’attuale ministro dell’Interno Matteo Salvini, in compagnia di un altro ministro, Gian Marco Centinaio, responsabile dell’Agricoltura.
L’obiettivo del provvedimento, si legge nella relazione, è «ripristinare la legalità costituzionale attraverso l’elezione diretta a suffragio universale del presidente e dei consiglieri della Provincia». Tutto come prima, dunque. È vero che il disegno di legge è stato presentato prima della formazione del nuovo governo e che la questione non viene affrontata nel contratto firmato con il Movimento 5 Stelle. Ma è anche vero che il sistema per eleggere i presidenti delle Province è un compromesso superato dagli eventi, un groviglio con tanti nodi da sciogliere.
La legge oggi in vigore stabilisce che a votare non siano i cittadini ma i sindaci del territorio, che sono anche gli unici a potersi candidare. Un meccanismo di «secondo livello» che nelle intenzioni della riforma voluta nel 2014 dal governo Renzi doveva accompagnare le Province fino alla scomparsa prevista dalla riforma costituzionale. Un sistema temporaneo, che però ha confermato ancora una volta come in Italia nulla sia stabile fuorché il provvisorio. E che ha richiesto qualche correttivo anche nell’ultimo decreto legge Milleproroghe, approvato dal governo Conte e adesso all’esame del Parlamento. Qual è il problema?
Per potersi candidare alla presidenza della Provincia, in base alla legge attuale, i sindaci devono avere almeno 18 mesi di mandato davanti a loro. Una regola che di fatto tagliava fuori un terzo dei sindaci coinvolti nelle elezioni provinciali in programma nei prossimi mesi. Circa 1.300 su 3.400. Nel Milleproroghe la durata residua del mandato necessaria per la candidatura è scesa da 18 a 12 mesi, mentre le prossime elezioni provinciali sono state accorpate fra loro e anticipate al 31 ottobre. Il plotone dei sindaci incandidabili è stato ridotto. Ma è solo una toppa. Resta il problema di un sistema elettorale complicato. E anche poco logico, forse proprio perché pensato come temporaneo: il mandato del presidente, per dire, dura quattro anni; quello del consiglio provinciale, eletto dai consiglieri comunali, solo due. Una specie di mid term provinciale di cui potremmo fare a meno. Un intervento serve. Ma come?
Oggi gli incarichi di presidente e consiglieri provinciali sono a titolo gratuito. La proposta della Lega affronta anche il capitolo indennità. Lo «stipendio» del presidente non potrebbe superare quello del sindaco del capoluogo di provincia. Mentre i consiglieri avrebbero un gettone per le sedute di consiglio e commissioni, con un tetto pari a un sesto dello stipendio del presidente. Il ritorno dell’indennità sarebbe giustificato dal fatto che le Province, progressivamente svuotate di fondi e funzioni, recupererebbero una serie di competenze. Resta da vedere cosa ne pensano gli alleati di governo, così sensibili ai costi della politica. Sul tema il Movimento 5 Stelle finora non si è pronunciato. Pochi giorni fa Beppe Grillo parlava di «estrazione a sorte dei parlamentari». Le Province non contano quanto la Camera o il Senato. Ma forse, voto popolare oppure no, è arrivato il momento di decidere cosa debbano fare da grandi.

domenica 5 agosto 2018

Il M5S vuole bloccare la TAV e il gasdotto TAP.




Il M5S vuole bloccare la TAV e il gasdotto TAP. Tanto a che servono SVILUPPO, ENERGIA e LAVORO, ci daranno a tutti il reddito di cittadinanza senza fare nulla?

mercoledì 1 agosto 2018

Il Consiglio Regionale del Molise di ieri si e’ svolto all’insegna dell’incoerenza




L’incoerenza di un’opposizione che punta il dito sull’avversario politico, ma non applica lo stesso metro di misura su se’ stesso. L’incoerenza di un’opposizione che urla ai quattro venti di avere come unico obiettivo il bene della collettivita’, ma poi gestisce fondi pubblici nel proprio piccolo orticello familiare. L’incoerenza di un’opposizione che non ammette il contraddittorio pacato e costruttivo, salvo poi nascondersi dietro blog e scritti anonimi per attaccare e screditare i propri avversari politici.  L’unica coerenza dell’opposizione, oggi, la si e’ vista nei tanti congiuntivi sbagliati.