mercoledì 31 agosto 2016

Agnone 1 e 2 settembre 2016 - Festa de l’Unità. No! Festa della Divisione!


Con le assenze di alcuni personaggi politici, tra parlamentari e Consiglieri Regionali, si amplia il solco della divisione nel PD molisano. Così la Festa interregionale de l’Unità medio Sannio 2016, rischia di diventare oltre ad una due giorni per riflettere e lanciare proposte sui temi caldi del momento, anche un motivo di definitiva scissione nel PD regionale. Sarà proprio così? Forse!

Intanto gli appuntamenti prevedono per giovedì primo settembre alle 17:30 il dibattito: “Le opportunità delle riforme per il Sud , Area di Crisi e strategia nazionale delle aree interne”, i Saluti di Micaela Fanelli (Segretario regionale PD Molise) e Marco Rapino (Segretario regionale PD Abruzzo) e gli interventi di Paolo Di Laura Frattura (Presidente Regione Molise); Luciano D’Alfonso (Presidente Regione Abruzzo); Laura Venittelli (Componente della XIII Commissione Parlamentare Agricoltura); Carlo Veneziale (Ass. Reg. Attività Produttive); Stefania Covello (Delegata Mezzogiorno della segreteria Nazionale PD).

Le conclusioni sono affidate a Ettore Rosato (Capogruppo del PD alla Camera dei Deputati). Assenti perchè non invitati all’appuntamento con questa festa montana de l’Unità, il Sen. Roberto Ruta, l’On.le Danilo Leva e il Consigliere Regionale Massimiliano Scarabeo. Una mera dimenticanza sintomatica della evidente divisione all’interno del Partito di maggioranza in regione che comunque non giustifica affatto il non aver recapitato nei tempi e ai giusti indirizzi, gli inviti a partecipare e a parlare. Un errore voluto che non è passato inosservato a tanti e che suscita incredulità: non è da tutti tenere fuori da un dibattito importante per le sorti della nostra regione, alcuni parlamentari e l’unico eletto del PD al Consiglio Regionale, in provincia di Isernia, proprio dove si tiene la Festa.

E seppure l’organizzazione avesse inavvertitamente smarrito gli inviti, l’errore o la mancanza non sarebbero dovuti sfuggire né a Micaela Fanelli, Segretario regionale del PD, né a Paolo Frattura, entrambi grandi predicatori dell’unità d’intenti all’interno del PD (la più recente è quella che risale all’Assemblea regionale del Partito di gennaio 2016) ma, evidentemente, disattenti o troppo attenti, su questioni che da formali possono diventare sostanziali. Sulla questione, l’On. Leva raggiunto telefonicamente ha affermato: “Non voglio innescare polemiche, ma la Festa de l’Unità quest’anno si nota più per le assenze che per le presenze, chi non è allineato viene tenuto a margine”.

Un eloquente no comment dal Sen. Ruta, che probabilmente si riserverà di affrontare la questione attraverso un comunicato stampa. Dai toni più chiari il Consigliere Regionale Scarabeo: “ tenere fuori da una Festa interregionale de l’Unità il primo eletto nel PD della provincia di Isernia, la dice lunga su come lavora l’attuale vertice regionale del Partito. Non credo in una dimenticanza, tanto più che sono stati invitati altri consiglieri regionali non appartenenti al PD…”

Quindi ancora non inizia e questa Festa de l’Unità, per il PD che normalmente negli anni ha mosso sempre riconciliazioni e dibattiti fondamentali per se stesso e per il territorio, passa per una di quelle trasmissioni televisive dove gli ospiti si scelgono con cura e solo quelli che piacciono al capo. In questo modo, però, una cosa è chiara: le divisioni saranno ancora più profonde, insanabili e si rischia la dichiarazione di guerra vera e propria, dando inizio alla diaspora definitiva di voti dal Partito Democratico della provincia di Isernia. Chissà cosa ne pensano a Roma?

giovedì 25 agosto 2016

Parco dell’Olivo di Venafro. Sbloccati i fondi, ma quanta fatica!


“Il venir meno delle necessarie risorse economiche e le più che plausibili rimostranze avanzate dalla dirigenza del Parco dell’Olivo di Venafro, mi hanno indotto a presentare una interrogazione apposita sulla scelta fatta dalla Regione di cancellare le somme previste in bilancio regionale, per il funzionamento dell’Ente, per le annualità 2015 e 2016. Il Governatore Frattura ha risposto, comunicando, testualmente, che: “con riferimento alla richiesta di conoscere le procedure messe in atto per la risoluzione della problematica evidenziata nell’interrogazione di che trattasi nonché di verificare le modalità e i tempi di riassegnazione e di erogazione all’Ente Parco dell’Olivo di Venafro dei fondi ad esso assegnati si comunica che in data 06 giugno 2016, è stata inviata, al servizio Risorse Finanziarie, Bilancio e Ragioneria Generale la proposta relativa all’impegno di spesa di € 75.000,00 per l’annualità 2016; l’impegno è stato assunto in data 27/07/2016 di cui alla Determinazione Dirigenziale n. 3590 del 28/07/2016 (atto del servizio n. 315 del 28/07/2016) avente ad oggetto: “Legge regionale 4 maggio 2016 n. 5, art. 1. Rifinanziamento della legge regionale 4 novembre 2008 n. 30 “Istituzione del Parco regionale Storico Agricolo dell’Olivo di Venafro”Impegno di spesa”. Per quanto attiene l’annualità 2015, il capitolo di bilancio n. 43803 “ Finanziamento Ente Parco dell’Ulivo di Venafro” ha una previsione definitiva della spesa di € 100.000,00, giusta Deliberazione di Giunta Regionale n. 208 del 16/05/2016 (supplemento ord. N. 1, BURM n. 23 del 16 giugno 2016). Detto finanziamento è stato tra l’altro confermato tra gli avanzi vincolati con l’avvenuta approvazione del Rendiconto generale per l’esercizio 2015, nella seduta del Consiglio Regionale del 2 agosto 2016. Tradotto dovrebbe significare che per le annualità 2015 e 2016, i fondi necessari al funzionamento del Parco Regionale dell’Olivo di Venafro, saranno messi a disposizione dell’Ente eliminando le legittime preoccupazioni del Presidente Pesino che ha continuato a svolgere l’attività prevista seppure sotto il peso delle difficoltà nei confronti dei fornitori e di quanti hanno prestato la loro opera a favore dell’Ente stesso. Posso dire di essere soddisfatto per questa decisione e lo sono ancora di più perché si evita di mettere in seria difficoltà il funzionamento di una importante realtà che nel corso degli anni ha svolto un lavoro eccellente in relazione alla salvaguardia delle specie olivicole locali e in modo particolare degli oliveti secolari presenti nell’area venafrana.” 

martedì 23 agosto 2016

Uomo solo al comando?

Intervista all'avv. Anna Falcone, vice presidente del comitato nazionale del NO al referendum per la riforma della Costituzione.


sabato 20 agosto 2016

Venafro, Palazzina Liberty. Seicentomila euro dalla Regione, ora nessuna scusa, sì consegni la struttura alla città!


“La Palazzina Liberty di Venafro, già al centro dell’attenzione fin dalla prima fase del suo recupero strutturale e il prosieguo dei lavori per renderla fruibile alla cittadinanza, dopo il rallentamento dei lavori a causa della mancata erogazione dei fondi al Comune di Venafro (soggetto attuatore), ha ricevuto, da parte della Regione Molise, i finanziamenti che serviranno per consegnarla alla città come centro polifunzionale, culturale e formativo, così come previsto dal progetto. Una notizia importante, al di là di ogni polemica e presa di posizione che si sono registrate sulla questione. Una soddisfazione anche da parte di chi, me compreso, forse con occhio critico ha posto in evidenza le problematiche tecniche, amministrative e finanziarie che hanno contraddistinto l’iter realizzativo della struttura fino alla sua ultimazione, con il solo obiettivo di vedere al più presto la consegna della struttura alla città. Certo è che con le ultime determine dirigenziali da parte del servizio edilizia pubblica e residenziale della Regione Molise, sono stati liquidati quasi seicentomila euro a favore del Comune di Venafro, per cui ora il traguardo è più vicino.”

mercoledì 17 agosto 2016

Trasferimento docenti molisani. Altro che Buona Scuola, così si ledono i diritti sia degli insegnanti che degli studenti.


“Il quadro dei trasferimenti fuori dalla nostra Regione di centinaia di docenti mi lascia sinceramente interdetto, visto che sembra attuarsi una inaccettabile smobilitazione del sistema scolastico regionale, che potrebbe minare l'offerta formativa acuendone i disagi che già stiamo vivendo da tempo. La Buona Scuola si sta rivelando un vero e proprio boomerang per tanti docenti molisani che si vedono costretti a raggiungere sedi scolastiche del Nord Italia nonostante in Molise restano posti vacanti. Altro che futuro e investimenti sulle nuove generazioni: in questo modo, al di la delle procedure, ci troviamo ad affrontare una vera e propria emergenza, una presa in giro che umilia il mondo della scuola e quello di tanti studenti molisani: per questo, se come dicono i Sindacati, il problema nasce da meri errori, o dal sistema che non ha funzionato come previsto dal MIUR, allora è opportuno che la Regione Molise si faccia sentire, così come stanno facendo altri Governatori del Mezzogiorno, i quali, registrando anch’essi un ingiustificato esodo di nuovi insegnanti, si stanno seriamente impegnando per affrontare al meglio la questione. Se una procedura sbagliata può determinare le sorti di centinaia di persone e, con gli ambiti territoriali e la chiamata diretta da parte dei dirigenti scolastici si è messo in atto un meccanismo autoritario ed antidemocratico, a pagarne le conseguenze non siano oltre agli insegnanti, anche gli studenti e le loro famiglie. Il punto è ottenere il meglio dalla Scuola, evitando disservizi che con questi giri di cattedre penalizzano docenti e alunni. L’auspicio, dunque, è quello che anche la Regione Molise faccia la propria parte, contribuendo affinché si trovino i giusti compromessi per evitare che siano calpestati i diritti di tutto il mondo scolastico.”

sabato 13 agosto 2016

Lasciare un partito politico non è mai semplice, ma a volte può essere una scelta inevitabile.



Lasciare un partito politico non è mai semplice, ma a volte può essere una scelta inevitabile. Continuare a sostenere un partito oramai morto che viola spudoratamente il "suo programma elettorale " ci precludera' ogni possibile via per risollevare le sorti del nostro territorio! Nei fatti non ho ancora deciso se lasciare o meno, ma con sincerità ammetto che nelle prossime settimane farò la mia scelta.

giovedì 11 agosto 2016

30 ragioni per votare No al referendum costituzionale


Un utile vademecum che demolisce, punto per punto, le argomentazioni (alcune fuorvianti, altre palesemente false) dei sostenitori della deforma costituzionale e dell’Italicum.

di Massimo VilloneDomenico Gallo e Alfiero Grandi, da Il Fatto quotidiano, 26 maggio 2016
1. Perché raccogliere le firme, se il referendum è stato già chiesto dai parlamentari?
Non si può lasciare al Palazzo la scelta se votare su una vasta modifica della Costituzione, facendone un plebiscito Renzi sì-Renzi no. La richiesta dei cittadini corregge la torsione plebiscitaria, inaccettabile perché impedisce la discussione di merito su una modifica pessima e stravolgente, che va respinta a prescindere dalla sorte del governo.
2. Ma anche Renzi ha avviato la raccolta delle firme.
Lo ha fatto non per amore di democrazia, ma solo perché i sondaggi hanno dimostrato che la via del plebiscito personale era per lui pericolosa. È anche un tentativo di scippare la bandiera della raccolta firme ai sostenitori del no. Tutto deve essere nel nome del governo.
3. Finalmente si riesce dove tutti avevano fallito.
È decisivo il come. Un Parlamento illegittimo per l’incostituzionalità della legge elettorale, e una maggioranza raccogliticcia e occasionale, col sostegno decisivo dei voltagabbana, stravolgono la Costituzione nata dalla Resistenza. L’irrisione e gli insulti rivolti agli avversari vogliono nascondere l’incapacità di rispondere alle critiche.
4. La legge Renzi-Boschi riduce i costi della politica, cancellando le indennità per i senatori non elettivi.
Il risparmio è di spiccioli. La gran parte dei costi viene non dalle indennità, ma dalla gestione degli immobili, dai servizi, dal personale. Mentre anche il senatore non elettivo ha un costo per la trasferta e la permanenza a Roma, nonché per l’esercizio delle funzioni (segreteria, assistente parlamentare, etc). Risparmi con certezza maggiori si avrebbero – anche mantenendo il carattere elettivo – riducendo la Camera a 400 deputati, e il Senato a 200. Avremmo in totale 600 parlamentari, invece dei 730 che la legge Renzi-Boschi ci consegna.
5. I senatori eletti dai consigli regionali nel proprio ambito, insieme a un sindaco per ogni regione, rappresentano le istituzioni di autonomia. È la Camera delle Regioni, da tempo richiesta.
Falso. Un consigliere regionale è espressione di un territorio limitato e infraregionale, cui rimane legato per la sua carriera politica. Lo stesso vale per il sindaco-senatore. Avendo pochi senatori, ogni regione sarà rappresentata a macchia di leopardo. Pochi territori avranno voce nel Senato, e tutti gli altri non l’avranno. È la Camera dei localismi, non delle regioni.
6. Sarebbe stato meglio con l’elezione diretta?
Certo, perché i senatori eletti avrebbero dato rappresentanza a tutto il territorio regionale e a tutti i comuni. Una vera Camera delle regioni richiede l’elezione diretta, mentre l’elezione di secondo grado apre la via ai localismi e agli egoismi territoriali.
7. Il riconoscimento del seggio senatoriale può essere la via per creare un circuito di eccellenza nel ceto politico regionale e locale.
È vero piuttosto, al contrario, che si rischia un abbassamento della qualità nei massimi livelli di rappresentanza nazionale. Basta considerare le cronache di stampa e giudiziarie. Soprattutto perché ai consiglieri-senatori e ai sindaci-senatori si riconoscono le prerogative dei parlamentari quanto ad arresti, perquisizioni, intercettazioni. Un’inchiesta penale a loro carico può diventare molto difficile, o di fatto impossibile.
8. Ma le prerogative non riguardano le funzioni di consigliere regionale o di sindaco, che rimangono senza copertura costituzionale.
E come si possono distinguere? Se il sindaco-senatore o il consigliere-senatore usa il proprio telefono nell’esercizio delle funzioni connesse alla carica locale diventa per questo intercettabile? E se tiene riunioni nella sua segreteria di senatore? Le attività di indagine verrebbero scoraggiate, o quanto meno gravemente impedite.
9. L’elezione diretta dei senatori è stata sostanzialmente recuperata nell’ultima stesura per le pressioni della minoranza Pd.
Falso. Rimane scritto che i senatori sono eletti dai consigli regionali tra i propri componenti. È stato solo aggiunto il principio che debba essere assicurata la conformità agli indirizzi espressi dagli elettori nel voto per il consiglio. Ma è tecnicamente impossibile. A 10 regioni e province (Valle d’Aosta, Bolzano, Trento, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Umbria, Marche, Abruzzo, Molise, Basilicata) spettano 2 seggi, e a Calabria e Sardegna ne spettano 3. Uno dei seggi è riservato a un sindaco. Come si può rispettare la volontà degli elettori quando il consiglio elegge un solo consigliere-senatore, o due?
10. Il principio della conformità al volere degli elettori è comunque stabilito.
Ma cosa la “conformità” significhi, come possa realizzarsi, e cosa accadrebbe nel caso non si realizzasse rimane oscuro. In ogni caso si rinvia a una successiva legge, che – vista l’impossibilità di risolvere il problema – potrebbe anche non venire mai. Una norma transitoria rimette in pieno la scelta ai consigli regionali.
11. Ma il Senato non elettivo serve a superare il bicameralismo paritario, fonte di continui e gravi ritardi.
Falso. Si poteva giungere a un identico bicameralismo differenziato lasciando la natura elettiva del Senato. In ogni caso, le statistiche parlamentari – disponibili sul sito del Senato – ci dicono che nella legislatura 2008-2013 le leggi di iniziativa del governo, che assorbono in massima parte la produzione legislativa, sono arrivate all’approvazione definitiva mediamente in 116 giorni. Addirittura, per le leggi di conversione dei decreti legge sono bastati 38 giorni, che scendono a 26 per la conversione dei decreti collegati alla manovra finanziaria. Numeri, non chiacchiere.
12. Il bicameralismo differenziato semplifica comunque i processi decisionali e assicura maggiore rapidità.
Solo in apparenza. Negli art. 70 e 72 vigenti il procedimento legislativo è disciplinato con 198 parole. La legge Renzi-Boschi sostituisce i due articoli con 870 parole. Può mai essere una semplificazione? In realtà si moltiplicano i procedimenti legislativi diversificandoli in rapporto all’oggetto della legislazione. Ne vengono incertezze e potenziali conflitti tra le due camere, che potrebbero arrivare fino alla Corte costituzionale.
13. Ma su molte materie la Camera ha l’ultima parola, e questo evita le “navette”.
Le navette prolungate, con reiterati passaggi tra le due Camere, sono in genere sintomo di difficoltà politiche nella maggioranza, che – se ci fossero – si manifesterebbero anche con una sola Camera. Mentre il Senato comunque partecipa paritariamente su materie di grande rilievo, come le riforme costituzionali. Con quale legittimazione sostanziale, data la sua composizione non elettiva?
14. La fiducia viene data dalla sola Camera e questo contribuisce alla stabilità.
Poco o nulla. Nell’intera storia repubblicana il diniego della fiducia ha fatto cadere soltanto due governi (i due Prodi). Lo stesso governo Renzi è nato con una manovra di palazzo volta all’omicidio politico di Letta. Senza quella manovra, Letta potrebbe essere ancora in carica dall’inizio della legislatura.
15. Il rapporto di fiducia verso la sola Camera rafforza la governabilità.
La governabilità dipende non dal numero delle Camere, ma dalla coesione della maggioranza che sostiene il governo. Una maggioranza composita e frammentata non potrà mai produrre governabilità. È decisiva una buona legge elettorale, che componga in modo corretto i valori “governabilità” e “rappresentanza”.
16. Per questo l’Italicum è il giusto complemento alla riforma della Costituzione.
Niente affatto. L’Italicum riproduce i vizi del Porcellum già dichiarati costituzionalmente illegittimi: eccesso di disproporzionalità tra i voti e i seggi attribuiti con il premio di maggioranza, per di più dato a un singolo partito; lesione della libertà di voto dell’elettore per il voto bloccato sui capilista, che possono anche essere candidati in più collegi.
17. Ma l’Italicum prevede una soglia al 40%, superata la quale la lista ottiene 340 deputati, e il ballottaggio a due nel caso la soglia non venga raggiunta. Con il ballottaggio ci sarà comunque un vincitore che supera il 50%.
Al ballottaggio e al premio si accede senza alcuna soglia. Se nel ballottaggio un partito prendesse 2 voti e l’altro 1, il primo avrebbe comunque 340 seggi. Come col Porcellum è possibile che un singolo partito con pochi consensi nel Paese abbia in Parlamento una maggioranza blindata di 340 seggi, mentre tutti gli altri soggetti politici, che pure assommano nel totale maggiori consensi, si dividono i seggi rimanenti. Conseguenza: il voto dato alla lista vincente pesa sull’esito elettorale fino a 4 volte il voto per le altre liste. Un grave elemento di diseguaglianza tra gli elettori.
18. Un premio di maggioranza non è di per sé incostituzionale.
Ma è incostituzionale quello dell’Italicum. Già la soglia al 40% configura un premio di maggioranza enorme, con 340 deputati garantiti. Per di più, essendo sempre 340 i seggi assegnati alla lista vincente, il premio sarà maggiore per chi ha il 40% dei voti, minore per chi ha il 41%, e così via. Meno voti si prendono, più seggi aggiuntivi si ottengono con il premio. Un elemento di manifesta irrazionalità.
19. Ma l’Italicum garantisce che si sappia chi vince la sera del giorno in cui si vota. Un elemento di certezza.
Che nessun sistema elettorale potrà sempre e comunque assicurare. E in ogni caso la governabilità non si assicura dando un potere blindato con artifici aritmetici a chi ha una minoranza – anche ristretta – di consensi reali nel paese. Sarà pur sempre un governo al quale la parte prevalente del corpo elettorale ha negato adesione e sostegno.
20. Non è corretto censurare l’Italicum con l’argomento che apre la via all’uomo solo al comando.
Invece sì. L’Italicum prevede, come già il Porcellum, la figura del “capo” del partito. Il voto bloccato sui capilista e le candidature plurime per gli stessi capilista consentono al leader del partito di controllare in ampia misura la scelta dei parlamentari da eleggere, per la maggioranza blindata dal premio. La concentrazione del potere è indiscutibile.
21. Ma chi firma per il referendum abrogativo sull’Italicum vuole tornare al proporzionale puro di lista e preferenza, con tutti i rischi di ingovernabilità?
Niente affatto. Si vuole soltanto ristabilire una condizione politica non viziata da meccanismi elettorali costituzionalmente illegittimi. Si potrà allora scegliere – con corretta partecipazione demcratica e piena rappresentanza politica – di quali riforme il paese ha bisogno, inclusa la scelta di una legge elettorale conforme a Costituzione.
22. È comunque eccessiva l’accusa di deriva autoritaria. Resta intatto il sistema di checks and balances.
Ma l’effetto sinergico della riduzione del numero dei senatori e il dominio sulla Camera assicurato dal premio rendono decisiva l’influenza della maggioranza di governo nell’elezione in seduta comune del capo dello Stato e dei membri del Csm, come anche per la Camera dei membri della Corte costituzionale o delle Autorità indipendenti.
23. Sono effetti bilanciati dal rafforzamento degli istituti di democrazia diretta, ad esempio per l’iniziativa legislativa popolare.
Falso. Le firme richieste per la presentazione di una proposta di legge sono triplicate, da 50 a 150 mila. Le garanzie sono rinviate al Regolamento, e la maggioranza parlamentare rimane libera di rigettare o modificare la proposta. In altri ordinamenti, la proposta può andare all’approvazione per via referendaria, quanto meno nel caso di modifica o rigetto del Parlamento.
24. Ma il referendum abrogativo si rafforza per l’abbassamento del quorum di validità, fissato alla maggioranza dei votanti nelle ultime elezioni per la Camera.
Solo nel caso che sia stato richiesto con ben 800.000 firme, tetto quasi impossibile da raggiungere in un tempo in cui i corpi intermedi – partiti, sindacati – sono indeboliti o sostanzialmente dissolti. E non si capisce perché un referendum debba avere un quorum più alto se richiesto da 500.000 cittadini e più basso se richiesto da 800.000.
25. Si prevedono i referendum propositivi e di indirizzo.
È fumo negli occhi. I referendum propositivi e di indirizzo sono solo menzionati a futura memoria nella legge Renzi-Boschi, che ne rinvia la disciplina a una successiva legge costituzionale. Tutto rimane da fare. Cosa impediva di introdurre fin da ora una disciplina compiuta? Un chiaro intento di non provvedere.
26. Si correggono gli errori fatti nella revisione del Titolo V approvata nel 2001.
Non si correggono gli errori vecchi facendone di nuovi e sostituendo alla frammentazione un neo-centralismo statalista. Ad esempio, non è accettabile che il governo passi sulla testa delle popolazioni locali nella gestione del territorio sotto l’etichetta di opere di interesse nazionale o simili. La vicenda trivelle deve insegnarci qualcosa.
27. Si semplifica il rapporto tra Stato e Regioni, che ha dato luogo a un enorme contenzioso davanti alla Corte costituzionale.
Ma non mancano contraddizioni e ambiguità, che possono tradursi in nuovo contenzioso. La soppressione della potestà concorrente in chiave di semplificazione del rapporto Stato-Regioni è ad esempio pubblicità ingannevole, perché si crea una nuova categoria di “disposizioni generali e comuni” che è difficile distinguere dalle leggi cornice della attuale potestà concorrente. E c’è anche un richiamo a “disposizioni di principio”.
28. Si rafforza lo Stato riportando a esso potestà legislative importanti.
La legge Renzi-Boschi riduce sostanzialmente lo spazio costituzionalmente riconosciuto alle autonomie. Alcuni profili potrebbero essere – se isolatamente considerati – apprezzabili. Ma il neo-centralismo statale è negativo in un contesto di complessiva riduzione degli spazi di partecipazione democratica e di rappresentanza politica.
29. La de-costituzionalizzazione delle Province è un momento importante di semplificazione istituzionale.
Vale anche per le Province quanto detto per il neo-centralismo statale. Inoltre, sono un elemento marginale nell’impianto della legge Renzi-Boschi. Una parte persino non necessaria, come è provato dal fatto che la riforma delle Province è stata già da tempo avviata. Il punto dolente è il modo in cui si sta realizzando.
30. La soppressione del Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro (Cnel) è positiva.
Vero, dal momento che il Cnel non esercita alcuna essenziale funzione politica o istituzionale. Ma la soppressione prende solo poche righe in una modifica della Costituzione per altro verso ampia e stravolgente. Bastava una leggina costituzionale mirata, che non avrebbe dato luogo a polemiche. La positività della soppressione non può certo bilanciare la valutazione negativa di tutto il resto.

venerdì 5 agosto 2016

Il MiSE, la Regione Molise ed Invitalia lanciano una call per la raccolta di manifestazioni di interesse ad investire nell’area di crisi industriale complessa di "Venafro-Campochiaro- Bojano e aree dell'indotto".


Il MiSE, la Regione Molise ed Invitalia lanciano una call per la raccolta di manifestazioni di interesse ad investire nell’area di crisi industriale complessa di "Venafro-Campochiaro- Bojano e aree dell'indotto".
Obiettivo: raccogliere informazioni per identificare al meglio i fabbisogni di sviluppo dell’area e caratterizzare adeguatamente gli strumenti agevolativi che saranno attivati e resi disponibili sul territorio.
La call ha dunque una finalità meramente conoscitiva e non dà luogo a titoli di preferenza o diritti: rientra nelle azioni delPRRI - Progetto di Riconversione e Riqualificazione Industriale dell’area, a cui l’Agenzia è stata chiamata a dare il proprio contributo.
L’area di crisi industriale complessa coincide con il territorio ricompreso tra le due province di IserniaCampobasso.  L’area ricade nei comuni riportati nell’elenco consultabile qui.
Le manifestazioni di interesse devono riguardare iniziative imprenditoriali, da localizzare nell’area, per la realizzazione di:
  • programmi di investimento e sviluppo occupazionale
  • programmi di investimento per la tutela ambientale
  • progetti di innovazione dei processi  dell’organizzazione
  • progetti di ricerca industriale e sviluppo sperimentale
Gli interessati avranno tempo fino al 30 settembre per presentare le manifestazioni di interesse a Invitalia: la scheda da compilare è disponibile su questo sito a partire dal 4 agosto 2016 e fino alle ore 12.00 del 30 settembre 2016.